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Franco Angeli
Manifesto per la sostenibilità culturale (2012)
Può essere considerato un paradosso qualcosa di assolutamente sorprendente e incredibile l'idea che un domani un ministro dell'economia possa essere incriminato davanti alla Corte di Giustizia europea  per "violazione dei diritti culturali" al momento della Finanziaria quando taglierà  fondi alla cultura.

Eppure l'ipotesi non è così inverosimile se l'Unione Europea una volta riconosciuto il concetto di sostenibilità culturale come uno dei pilastri su cui si regge il modello di sviluppo, decida di emanare una direttiva in grado di obbligare tutti gli Stati membri a destinare l'1% del proprio Prodotto interno lordo (Pil) alla Cultura.

Come sintetizza il Manifesto per la sostenibilità culturale, la Cultura è capace non solo di creare economia e coesione sociale, ma anche di offrire un senso di benessere , quel senso di felicità che i governi comincaino a porre tra gli obiettivi primari da raggiungere. Esaminando le analogie che possano esistere fra il sistema ambientale e quello culturale, il tema della "sostenibilità culturale" fa intravedere  la possibilità di un'economia del simbolico, dove i piani strategici culturali diventano uno strumento indispensabile per il governo del territorio al fine di creare le condizioni necessarie per lo sviluppi del modello contemporaneo di innovazione (open innovation).

E in quest'ottica si potrebbe considerare lo sviluppo nel suo significato originale di togliere il "viluppo", ossia di sbrogliare la matassa riconoscendo che alla ricerca del profitto si deve abbinare il godimento della vita. Un godimento che potrà essere misurato attraverso la messa a punto di indicatori  di sostenibilità in grado di considerare i processi culturali non più "residuali" ma al contrario "strutturali" nella costruzione di una nuova "civiltà sociale".